venerdì 19 settembre 2014

Primo sì per il Jobs Act, ma il Pd si spacca. Bersani contro Renzi: "Surreale abolire l'art. 18"

Via libera in commissione e martedì approdo in aula per il jobs act voluto dal governo Renzi. Ma l'approvazione di ieri – con i voti della maggioranza e l'astensione di Forza Italia - è solo la quiete prima della tempesta. Perchè la riforma del mercato del lavoro che si appresta a cambiare lo Statuto dei lavoratori fa rinascere mai domate spaccature all'interno del Partito democratico e compatta i sindacati confederali. 
La minoranza dem protesta per il metodo seguito dal governo e il contenuto del provvedimento. «Necessita di correzioni importanti» dice uno dei più morbidi oppositori di Renzi, il presidente del Pd, Matteo Orfini. Più duro l'ex segretario Bersani che parla di «intenzioni surreali» dell'esecutivo.  Nessuna scissione in vista, ma i mal di pancia sono tanti e la guerriglia dietro l'angolo, a partire dalla riforma della legge elettorale su cui invece il premier vorrebbe un'accelerazione. «Sbaglia - spiega Alfredo D'Attorre – perché le tensioni che sono già così forti sull'economia, non farebbero che aumentare».  Forza Italia, invece, con l'astensione ha confermato la non belligeranza promessa da Berlusconi nell'ultimo incontro col premier e ha fatto capire che potrebbe dare una mano ove la tenuta della maggioranza al Senato dovesse traballare. Molti azzurri infatti non escludono di votare il jobs act: «Sono le nostre idee». Di tutt'altro avviso invece i sindacati che, compatti, criticano la riforma. Cgil, Cisl e Uil si preparano a una iniziativa unitaria, senza escludere uno sciopero.  Ma la guerriglia che mostra il malumore per le riforme del governo è probabilmente già in atto in Parlamento che, per la tredicesima volta, non riesce a eleggere i due giudici della Consulta. Ancora una volta – e nonostante le sollecitazioni del presidente Napolitano - sono stati bocciati i nomi di Violante e Bruno. Siccome il lungo weekend delle Camere è sacro, si tornerà a votare solo martedì ma questi giorni saranno comunque riempiti dalle trattative per evitare il quattordicesimo flop.  Il Pd tratta con Sel che potrebbe strappare in cambio un suo candidato al Csm e Forza Italia prova a convincere la Lega che vuole però un suo esponente a Palazzo dei Marescialli. Per ora si insisterà sul tandem Violante-Bruno, ma non si esclude l'entrata in scena di nuove candidature, se anche martedì dovesse arrivare una bocciatura. Gli italiani, più che per lo stallo sulla Consulta, sono preoccupati per l'avvicinarsi del pagamento della Tasi. Oltre 5.000 Comuni hanno deliberato le aliquote, facendo scattare dunque l'obbligo di versamento della prima rata sull'abitazione principale entro il 16 ottobre. Secondo i calcoli della Uil, per una famiglia su due il conto sarà quest'anno più salato dell'Imu 2012.

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