I giocattoli non si comprano più. O quasi. Tra gennaio e luglio, secondo
Assogiocattoli, le vendite sono calate del 3,4 per cento in valore e
del 2,4 in volume, a conferma del trend registrato nel 2012 con meno 2
per cento in valore rispetto al 2011. La crisi non risparmia nessuno,
neanche i più piccoli. Ora si taglia. Tutti e su tutto.
Professor Gustavo Piga, calano le vendite dei giocattoli, la crisi si fa più dura?
Non
si gioca più. Quando c’è una recessione, crollano i beni con sostituti
meno cari. Per compensare meno giochi, c’è poco oltre all’affetto, ma
con lo stress delle famiglie, pure questo sarà difficile. Ci siamo
concentrati sui problemi dei giovani all’entrata nel mondo del lavoro,
ma questa crisi coinvolge anche chi dal mondo del lavoro è fuori,
piccoli e anziani. Ora aspettiamo dai politici un dono di Natale: la
smettano di essere incompetenti o distratti da altro, si dimettano.
Serve una leadership forte di persone di buone volontà. Si deve
rilanciare la domanda complessiva con forti investimenti pubblici, da
non finanziare con tasse e deficit ma con le enormi risorse derivanti
dal taglio degli sprechi. Viviamo una pausa, che potrebbe essere calma
prima della tempesta o un’occasione per pianificare il rilancio.
Cosa serve al Paese?
Un
sogno, era l’Europa ma è diventata un incubo. Solidarietà e crescita
sono essenziali, lo devono capire pure i tedeschi. La Germania da sola
non siede con Usa e Cina al tavolo delle decisioni ma è il menu.
Attendiamo gli esiti delle elezioni in Germania, ma l’importante è far
capire la storia del leone e del topolino. Il leone salva il topo e un
giorno il topo salva il leone. Il migliore credito che si possa avere è
la gratitudine, torna sempre indietro.
Come ci ha cambiato la crisi?
L’economia
italiana, normalmente, dovrebbe crescere del due per cento l’anno, in
due anni abbiamo perso circa 4/5 per cento di Pil. Inoltre, abbiamo
perso il livello di fiducia nella costruzione europea. L’Italia era uno
dei Paesi che più credevano in euro ed Europa. Oggi siamo più vogliosi
di andare per conto nostro. Quando due anni fa presentammo l’appello a
Monti sui giovani, spiegammo che questa non era una recessione come le
altre, la disperazione sarebbe salita e avremmo perso le nuove
generazioni. Bisognava dare loro un’opportunità e la possibilità di
costruirsi un curriculum, facendo il servizio civile. Ma non è stato
fatto.
Il risultato è la fuga?
I giovani oggi
vanno via in due modi. Non c’è la ribellione per le strade, ma è una
ribellione silenziosa. I giovani ricchi, che possono permetterselo,
vanno all’estero e non tornano più. I poveri vanno ad arricchire la
forza lavoro in nero e la criminalità organizzata. Con la recessione,
stiamo dando ossigeno alla mafia.
Molti sostengono la necessità di uscire dall’euro,
potrebbe servire davvero?
È
ovvio che sia proposta come soluzione, un effetto positivo apparente
c’è ed è dare maggior ossigeno all’export. Svalutare ci permetterebbe di
essere più concorrenziali. La miopia della proposta però è duplice.
L’arresto dell’euro per alcuni Paesi comporterebbe rinfacci reciproci e
creerebbe stereotipi, finiremmo per smettere di parlare, che invece è
fondamentale. L’altra miopia è nella valutazione. La bestia nera non è
l’euro ma l’austerity. Fa solo peggiorare le cose. A Grecia e Italia, se
dovessero svalutare, poi saranno richieste politiche ancora più
austere.
Cosa vorrebbe chiedere alla politica?
Di andare a casa. Serve un leader forte.
Ha già un nome in mente?
Quando
fu eletta la Thatcher nessuno la conosceva. Spesso i leader giusti
arrivano in modo casuale. Però bisogna trovarlo in un tempo consono alla
capacità di resistere del Paese.
Quanto stiamo perdendo?
Ogni
giorno perdiamo risorse che serviranno al Paese nei prossimi 50 anni. I
giovani vanno via. Questa fuga è il termometro di un Paese che sta
morendo.
venerdì 13 settembre 2013
CRISI, LA SOLUZIONE DELL’ECONOMISTA. "OCCORRE UN NUOVO GOVERNO. SUBITO”
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ITALIA NON PIÙ PAESE DEI BALOCCHI. FAMIGLIE COSTRETTE A TAGLIARE I GIOCATTOLI
«Per la tua piccolina non
compri mai balocchi». Sembrerebbe scritto ieri il ritornello di Balocchi
e Profumi, brano del ‘28, se la crisi non avesse “tagliato” anche i
profumi.
I giocattoli non si comprano più. O quasi. Tra gennaio e luglio, secondo Assogiocattoli, le vendite sono calate del 3,4% in valore e del 2,4 in volume, a conferma del trend registrato nel 2012 con meno 2% in valore rispetto al 2011. La crisi non risparmia nessuno, neanche i più piccoli. Ora si taglia. Tutti e su tutto. Continua la corsa a offerte e sconti, il carrello della spesa è meno caro ma tavola e dieta sono più povere. Si comprano meno frutta e verdura, con cali rispettivamente del 2,1 e del 6,3 per cento.
Le ragioni sono da cercare nella crisi ma anche nell’ininterrotta crescita di spese obbligate, che rappresenta il 40,6% dei consumi secondo Confcommercio, portando ogni famiglia a spendere 6500 euro l’anno. Nel ’92 erano 2700. Il reddito disponibile pro capite, inoltre, è tornato ai livelli del 1987: 17.300 euro. «La ripresa è solo un annuncio – dice Carlo Sangalli, presidente Confcommercio – imprese e famiglie restano ancora in attesa. Il cuneo fiscale è una delle priorità ma l’aumento Iva va a colpire le fasce deboli».
L’Istat certifica la stabilità dell’inflazione all’1,2% ad agosto. Confcommercio conferma le previsioni: il Pil 2013 a -1,7% salirà di 0,5% nel 2014, i consumi 2013 a -2,4 mostreranno ancora segno meno – -0,2 – nel 2014. L’Antitrust chiede di ridurre i costi dei conti correnti, valutando possibili risparmi fino a 180 euro, e invita a una maggiore trasparenza per migliorare la concorrenza nel settore. Abi risponde con i tagli già effettuati: il costo medio oggi è 100 euro.
Intanto, due giorni fa è stato definito l’accordo che attribuisce alla Bce la supervisione bancaria unica da settembre 2014. «Un vero passo avanti – per Mario Draghi, presidente Bce – nel creare l’Unione bancaria, elemento chiave di una vera unione economica e monetaria». E se i segnali di una “ripresina” in Italia ci sono secondo l’Europa, le Pmi hanno chiesto un incontro urgente a Letta per parlare di priorità. E futuro.
I giocattoli non si comprano più. O quasi. Tra gennaio e luglio, secondo Assogiocattoli, le vendite sono calate del 3,4% in valore e del 2,4 in volume, a conferma del trend registrato nel 2012 con meno 2% in valore rispetto al 2011. La crisi non risparmia nessuno, neanche i più piccoli. Ora si taglia. Tutti e su tutto. Continua la corsa a offerte e sconti, il carrello della spesa è meno caro ma tavola e dieta sono più povere. Si comprano meno frutta e verdura, con cali rispettivamente del 2,1 e del 6,3 per cento.
Le ragioni sono da cercare nella crisi ma anche nell’ininterrotta crescita di spese obbligate, che rappresenta il 40,6% dei consumi secondo Confcommercio, portando ogni famiglia a spendere 6500 euro l’anno. Nel ’92 erano 2700. Il reddito disponibile pro capite, inoltre, è tornato ai livelli del 1987: 17.300 euro. «La ripresa è solo un annuncio – dice Carlo Sangalli, presidente Confcommercio – imprese e famiglie restano ancora in attesa. Il cuneo fiscale è una delle priorità ma l’aumento Iva va a colpire le fasce deboli».
L’Istat certifica la stabilità dell’inflazione all’1,2% ad agosto. Confcommercio conferma le previsioni: il Pil 2013 a -1,7% salirà di 0,5% nel 2014, i consumi 2013 a -2,4 mostreranno ancora segno meno – -0,2 – nel 2014. L’Antitrust chiede di ridurre i costi dei conti correnti, valutando possibili risparmi fino a 180 euro, e invita a una maggiore trasparenza per migliorare la concorrenza nel settore. Abi risponde con i tagli già effettuati: il costo medio oggi è 100 euro.
Intanto, due giorni fa è stato definito l’accordo che attribuisce alla Bce la supervisione bancaria unica da settembre 2014. «Un vero passo avanti – per Mario Draghi, presidente Bce – nel creare l’Unione bancaria, elemento chiave di una vera unione economica e monetaria». E se i segnali di una “ripresina” in Italia ci sono secondo l’Europa, le Pmi hanno chiesto un incontro urgente a Letta per parlare di priorità. E futuro.
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giovedì 12 settembre 2013
Banche, sì di Strasburgo alla supervisione Bce
Semaforo verde a Bruxelles per l'Unione bancaria d'Europa, con la Banca centrale europea che assume il ruolo di autorità unica di vigilanza.
Due giorni fa era stato definito l'accordo tra il Parlamento Ue e la
Bce per la vigilanza parlamentare. E adesso la plenaria di Strasburgo ha
approvato a larga maggioranza il pacchetto legislativo che istituisce
la supervisione bancaria europea: a vigilare sarà dunque l'Eurotower di
Francoforte.
La questione era stata molto dibattuta negli ultimi giorni tra le due istituzioni, la Bce e il Parlamento,
perché quest'ultimo voleva tenere sotto controllo l'istituto monetario
nei suoi ruoli di sorveglianza sulle banche europee. Dopo l'accordo
raggiunto, adesso scatta dunque l'iter per trasferire la vigilanza dalla periferia al centro.
Una decisione, quella presa a Strasburgo, che rappresenta uno snodo
fondamentale nell'attribuzione del governo del pianeta banche, che passa
ora sotto l'autorità guidata da Mario Draghi.
Barnier: "Ora meccanismo di risoluzione" - E adesso, passato dunque il primo dei tre pilastri sui quali si fonda l'Unione, vanno accelerati i tempi per il meccanismo di risoluzione bancaria, il secondo passo fondamentale per raggiungere l'obiettivo. Infatti il vicepresidente della Commissione Michel Barnier, responsabile per il mercato unico, dopo il voto del Parlamento ha espresso la sua soddisfazione in plenaria a Strasburgo dicendo: "Stiamo restituendo fiducia al mondo esterno nell'euro". Ma poi ha subito sottolineato che "non abbiamo ancora finito, ora lavoriamo per il secondo pilastro, il progetto più importante dalla creazione dell'euro".
Barnier: "Ora meccanismo di risoluzione" - E adesso, passato dunque il primo dei tre pilastri sui quali si fonda l'Unione, vanno accelerati i tempi per il meccanismo di risoluzione bancaria, il secondo passo fondamentale per raggiungere l'obiettivo. Infatti il vicepresidente della Commissione Michel Barnier, responsabile per il mercato unico, dopo il voto del Parlamento ha espresso la sua soddisfazione in plenaria a Strasburgo dicendo: "Stiamo restituendo fiducia al mondo esterno nell'euro". Ma poi ha subito sottolineato che "non abbiamo ancora finito, ora lavoriamo per il secondo pilastro, il progetto più importante dalla creazione dell'euro".
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INFLAZIONE, STANGATA DA 237 € A FAMIGLIA. IL CODACONS: "MOLTO PEGGIO DELL'IMU"
«Secondo i
dati definitivi resi noti oggi dall'Istat, l'inflazione ad agosto non
cala all'1,1% come risultava dalla stima provvisoria, ma resta stabile
all'1,2% su base annua» e per il Codacons «è una pessima notizia».
INFLAZIONE NON SCENDE «In pratica -commenta l'associazione dei consumatori- nonostante l'ulteriore crollo della domanda dovuto al periodo di ferie ed il rallentamento dei prezzi dei carburanti (benzina -2,1%, gasolio -2,8% su base annua), che hanno ricominciato ad impennarsi solo per il controesodo di agosto, ossia dopo il 21 del mese, ultima data di rilevazione dell'Istat, l'inflazione non scende». «Una dimostrazione del fatto che in Italia non c'è concorrenza e che il Governo dovrebbe combattere gli oligopoli e fare le liberalizzazioni» dice il Codacons sottolineando che «inoltre le famiglie devono confrontarsi con l'aumento del carrello della spesa che è rincarato dell'1,7%, ben al di sopra dell'indice generale».
SPESA AUMENTA DI 237 EURO «Tradotto in cifre, -calcola l'associazione- l'aumento dell'1,7% significa, in termini di aumento del costo della vita, che una famiglia media di 3 persone, per la sola spesa di tutti i giorni, spenderà 237 euro in più rispetto ad un anno fa». Si tratta, sottolinea ancora il Codacons, di «una stangata superiore all'Imu sulla prima casa abolita nei giorni scorsi dal Governo e pari, in media, a 225 euro».
"RINVIARE AUMENTO IVA" «L'inflazione, insomma, colpendo ricchi e poveri, continua a impoverire il ceto medio molto più della riduzione delle tasse fatta finora» afferma ancora il Codacons che per questo ritiene «vitale che il Governo comprenda al più presto che il rinvio definitivo dell'aumento Iva, pur essendo essenziale, non è il traguardo finale ma solo un primo passo a cui dovrebbero seguirne molti altri se si vuole ridare capacità di spesa alle famiglie e rilanciare, così, i consumi». «Se l'Iva aumentasse -conclude il Codacons- ci sarebbe, a regime, un aumento dei prezzi dello 0,6% ed una stangata aggiuntiva, per una famiglia di 3 persone, pari a 209 euro, sempre se non vi saranno arrotondamenti e speculazioni».
INFLAZIONE NON SCENDE «In pratica -commenta l'associazione dei consumatori- nonostante l'ulteriore crollo della domanda dovuto al periodo di ferie ed il rallentamento dei prezzi dei carburanti (benzina -2,1%, gasolio -2,8% su base annua), che hanno ricominciato ad impennarsi solo per il controesodo di agosto, ossia dopo il 21 del mese, ultima data di rilevazione dell'Istat, l'inflazione non scende». «Una dimostrazione del fatto che in Italia non c'è concorrenza e che il Governo dovrebbe combattere gli oligopoli e fare le liberalizzazioni» dice il Codacons sottolineando che «inoltre le famiglie devono confrontarsi con l'aumento del carrello della spesa che è rincarato dell'1,7%, ben al di sopra dell'indice generale».
SPESA AUMENTA DI 237 EURO «Tradotto in cifre, -calcola l'associazione- l'aumento dell'1,7% significa, in termini di aumento del costo della vita, che una famiglia media di 3 persone, per la sola spesa di tutti i giorni, spenderà 237 euro in più rispetto ad un anno fa». Si tratta, sottolinea ancora il Codacons, di «una stangata superiore all'Imu sulla prima casa abolita nei giorni scorsi dal Governo e pari, in media, a 225 euro».
"RINVIARE AUMENTO IVA" «L'inflazione, insomma, colpendo ricchi e poveri, continua a impoverire il ceto medio molto più della riduzione delle tasse fatta finora» afferma ancora il Codacons che per questo ritiene «vitale che il Governo comprenda al più presto che il rinvio definitivo dell'aumento Iva, pur essendo essenziale, non è il traguardo finale ma solo un primo passo a cui dovrebbero seguirne molti altri se si vuole ridare capacità di spesa alle famiglie e rilanciare, così, i consumi». «Se l'Iva aumentasse -conclude il Codacons- ci sarebbe, a regime, un aumento dei prezzi dello 0,6% ed una stangata aggiuntiva, per una famiglia di 3 persone, pari a 209 euro, sempre se non vi saranno arrotondamenti e speculazioni».
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